Matteo
Spicca per sistematicità ed interesse catechetico. Nella Chiesa antica, l’evangelista Matteo ha sempre occupato una posizione privilegiata per la ricchezza espositiva degli insegnamenti di Gesù ed una sufficiente completezza sotto il profilo narrativo. La narrazione di Matteo ruota intorno al significato salvifico della missione di Gesù, a dimostrazione che quello è veramente il Messia predetto dai profeti e atteso dal popolo d’Israele. Matteo è toccato dal dramma del rifiuto del suo popolo, Israele, che non lo riconobbe: un rifiuto che diventa separazione e sradicamento. Ora, la buona novella, cioè l’annuncio del
“regno dei cieli”, può essere fatta anche ai pagani. Questa è un’espressione che troviamo solo in Matteo e che probabilmente riproduce la formula usata in aramaico, sorta per la preoccupazione rabbinica di evitare l’impiego del nome di Dio. L’espressione
“regno dei cieli”, il cui avvento dovrà ristabilire e riconoscere la sovranità di Dio, così come annunciato nell’antica alleanza, è dunque l’equivalente di
“regno di Dio”, che è la sola usata dagli altri evangelisti.
L’evangelista Matteo ha cercato di evidenziare l’unità interna dell’opera e del messaggio di Gesù ricollegandosi con l’Antico Testamento, che cita ben settanta volte per la preoccupazione di sottolineare la continuità con il Nuovo Testamento. Matteo si sforza di interpretare gesti e parole di Gesù, che per l’evangelista rappresenta non solo il Maestro dai tratti maestosi e divini superiore allo stesso Mosè, ma il modello del concepimento escatologico del progetto di Dio: Gesù è il Messia, il figlio di Davide che impersona l’obbedienza esemplare alla volontà di Dio; è il Salvatore, colui che porta a compimento l’Antico Testamento, non solo come Legge, ma come promessa di salvare l’uomo dal peccato.
Una caratteristica inconfondibile del Vangelo di Matteo si riferisce ai cinque grandi discorsi di Gesù nei quali risuona la voce del Signore che autorevolmente si rivolge alla sua comunità indicandole il cammino dottrinale che deve seguire. Intorno a questi discorsi, dai contenuti prettamente etici, si sviluppano le sezioni narrative descriventi i fatti e i miracoli di Gesù che mettono in risalto le sue parole indirizzate all’incontro di salvezza nella fede. Essi richiamano il credente a riconoscere nell’incontro con Cristo la sua attuale possibilità di salvezza.
Matteo conclude il suo scritto rivolgendosi alla sua Chiesa, rappresentata dalla comunità dei discepoli. È l’unico evangelista che impiega la parola “Chiesa” quale istituzione, non già rivolta ai soli Giudei che non avevano riconosciuto Gesù, ma aperta a tutte le genti, pagani compresi. La istruisce per formare il vero popolo di Dio: una condizione indispensabile per concretizzare la relazione del credente con il suo Signore Gesù e per produrre i frutti che Dio attende. L’evangelista Matteo invita concretamente il cristiano di oggi ad assumere l’atteggiamento dei discepoli ai tempi di Gesù.